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Van Dyck recuperato in un fienile, comprato a 600 dollari e battuto a 3,1 milioni

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Palermo – Acquistato nel 2002 per appena 600 dollari, è stato rivenduto per 3,1 milioni in un’asta da Sotheby’s: è il singolare destino di un bozzetto di “San Gerolamo” di Anton van Dyck, battuto giovedì scorso alla “Masters Week” newyorchese. L’opera dell’artista fiammingo del ‘600 era stata acquistata in un’asta da un collezionista americano, Albert B. Roberts, dopo il ritrovamento in un fienile di Kinderhook, nello Stato di New York. Roberts è un appassionato di opere ‘perdute’, al punto che descrive la sua collezione come “un orfanotrofio per l’arte perduta e abbandonata”.

Nel 2019 la storica dell’arte Susan J. Barnes ha pubblicato un articolo in cui ha riconosciuto il bozzetto come uno schizzo a olio di Van Dyck databile intorno al 1618 “sorprendentemente ben conservato” che “ci aiuta a capire di più sul metodo dell’artista da giovane”.

“Studio per San Gerolamo” raffigura un uomo anziano nudo ed è uno degli unici due grandi studi realizzati su modelli dal vivo dall’artista fiammingo. Questo fu probabilmente eseguito quando il giovane Van Dyck lavorava al fianco di Peter Paul Rubens ad Anversa. Il disegno era stato pensato come propedeutico alla realizzazione del dipinto dedicata a San Girolamo, oggi conservato Museo Boijmans van Beuningen di Rotterdam.

Una parte del ricavato andrà alla fondazione Albert B. Roberts che aiuta gli artisti e altri enti di beneficenza. La vendita faceva parte dell’asta “Master Paintings Part I” con opere del Bronzino (“Ritratto di giovane uomo con penna d’oca e foglio di carta” del Bronzino battuto a 10,7 milioni di dollari), di Tiziano (“Ecce Homo” venduto a 2,1 milioni) e di Melchior de Hondecoeter.

L’attuale record in asta per un Van Dyck è di 13,5 milioni di dollari, fatto segnare nel 2009 per un autoritratto.

Sebbene la muscolatura asciutta dell’uomo raffigurato nello “Studio per San Gerolamo” sia basata su un modello dal vivo, il tipo di corpo ha le sue radici sia nell’antichità che nell’opera di Rubens, con cui il giovane Van Dyck lavorò a stretto contatto in quegli anni. La posa deriva dal cosiddetto Pescatore Borghese, marmo nero antico ora al Louvre. Al tempo di Rubens e Van Dyck, si pensava che la statua rappresentasse l’antico filosofo Seneca, mostrato morente per le coltellate autoinflitte e in piedi in una bacinella del proprio sangue.

In realtà, la statua è una copia romana da un originale ellenistico, che non aveva gambe sotto la metà del polpaccio quando fu scoperta nel XVI secolo e rappresenta probabilmente un pescatore in piedi su una spiaggia. Ad ogni modo, il marmo affascinò Rubens: realizzò diversi disegni successivi e la sua Morte di Seneca è in gran parte basata sui suoi studi di questa figura antica.

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