Palermo – A Bollate Tutta l’area è in lockdown, sembra essere tornati indietro nel tempo, con le prime chiusure di Codogno. A preoccupare sono le varianti, in grandissima parte del tipo inglese. La scuola dove è esploso il contagio ha fatto registrate circa 100 casi di positivi tra studenti, insegnanti e personale. Così il centro di 35mila è off limits, una sorta di cittadina fantasma, dove aleggiano gli spettri del recente passato: contagi, ricoveri e timore che il centro lombardo possa essere il detonatore di una bomba pronta a scoppiare a Milano. A testimoniare questa preoccupazione condivisa è Riccardo Orifiamma siciliano, di Mussomeli esattamente, che a Bollate ci vive con la famiglia e con e contro il covid ci lavora, con il camice da infermiere. «Scrivo per esprimere lo sconforto che noi famiglie – spiega l’operatore sanitario – stiamo vivendo, già da diversi giorni, nella cittadina di Bollate alle porte di Milano, comune da dove mercoledì scorso è stata decretata la zona
rossa, a seguito di un focolaio di casi di Covid 19 verificatosi nella scuola dell’infanzia del “Rosmini” e con identificazione di variante inglese e di alcune positività registrate in alunni delle scuole primarie del medesimo istituto comprensivo. Sembra di rivivere l’incubo di incertezze e paure della prima ondata. Noi famiglie siamo stati convocati su invito dell’A.T.S. (AGENZIA DI TUTELA DELLA SAUTE DELLA CITTA’ METROPOLITANA DI MILANO), per uno screening di tamponi antigenici presso il drive through ubicato a Milano presso il Parco Trenno. L’esperienza negativa – prosegue Riccardo – di quella mattinata, freddissima di Milano di tre giorni addietro, ha riguardato in primis mia figlia Desire, di 7 anni, che, prima è stata sottoposta al test rapido antigenico che ha dato esito incerto, così si è dovuta sorbire anche quello molecolare. Il risultato è arrivato dopo più di 72 ore, non è semplice immaginare l’angoscia dell’attesa. Ovviamente- prosegue l’operatore sanitario – tutte le attività didattiche delle classi delle scuole primarie e del primo anno di frequenza delle scuole secondarie di primo grado, statali e paritarie aventi sede nel territorio del comune si svolgono esclusivamente con modalità a distanza, sono sospesi i servizi educativi pubblici e privati per l’infanzia, quindi anche mio figlio Anthony, di un anno e mezzo frequentante il nido è a casa. Io e la mia compagna siamo tutti e due dipendenti nel settore della sanità, infermieri a tempo pieno sui 3 turni, tutto ciò richiede un enorme sacrificio nell’organizzarci per stare a casa con i figli e seguire la grande nella didattica a distanza. In altre parole viviamo un momento di grande disagio e stanchezza perché anche il nostro lavoro in ospedale in questo periodo è abbastanza impegnativo. Ci sono più forze dell’ordine che abitanti in giro per la città. Già dal primo giorno di “lockdown”, scattato mercoledì alle 18. Serrande abbassate, scuole chiuse, controlli nelle strade e agli ingressi del paese. Fra i bollatesi sui social è tutto un chiedersi che cosa si può fare e cosa è vietato; tanto che il sindaco, Francesco Vassallo si è rivolto al prefetto di Milano per farsi chiarire i dubbi. Il timore crescente è che questa prima settimana di confinamento non basti. “Le quarantene sono di 14 giorni, per questo credo ci vorrà più di una settimana di zona rossa per tornare a una situazione più tranquilla”, dice il sindaco che non capisce, inoltre, perchè in altri comuni vicini la vaccinazione agli over 80 proceda in modo spedito e capillare, a differenza di qui che siamo zona rossa. Intanto i numeri del cluster scolastico starebbero crescendo, mentre si è concluso lo screening volontario di massa per i 740 studenti dell’istituto Rosmini invitati a fare il test rapido. “Bisognerà attendere la fine della zona rossa per avere i dati completi sulla scuola”, rispondono da Ats. »