Aidone – Nel giorno del trentennale delle stragi, la Medea contemporanea di Luciano Violante approda a Morgantina, nell’ambito della seconda edizione della rassegna di teatro, musica e letteratura che andrà in scena dal 19 luglio al 7 agosto fra i ruderi dell’incantevole sito archeologico del territorio di Aidone. Nato da un’idea di Pietrangelo Buttafuoco, con la direzione artistica di Giuseppe Di Pasquale, il festival si fa testimone dell’impegno dell’Assessorato ai Beni Culturali e dell’Identità Siciliana che, nella persona dell’assessore Alberto Samonà, ha fortemente voluto per il secondo anno consecutivo, la mise en place dell’evento a dimostrazione dell’impegno della Regione per la valorizzazione dell’entroterra. Trafitta dalla tua volontà è il già funesto esordio della maga barbara che sbatte il suo accorato monologo in faccia al muto Giasone … nero… quale presagio di sventura. Sventura che non tarda ad arrivare nemmeno sulla skenè dominata dal vascello su cui si consuma la scena tutta e la sua tragedia. La tragedia personale di una donna, madre, regina persino! e ripudiata dal marito che ha preferito nozze più proficue, onde potersi assicurare il regno. E la tragedia più corale e -altrettanto disperata- di una terra, la Sicilia che uccide i figli che vogliono evitarle la schiavitù. Medea che si macchia del delitto più feroce. Lei fredda e spietata infanticida, narra, in preda al suo delirio, del folle gesto che -apparentemente insostenibile e sicuramente imperdonabile secondo le logiche dell’umano sentire- ha invece una sua intima logica. Feroce e imperdonabile essa stessa! Cosa avrei detto ai miei figli dopo la vergogna delle violenze subite? Io li ho uccisi mentre mi guardavano silenziosi con occhi di lacrime. La mia disperazione di madre. Mentre i loro fratelli principi li avrebbero guardati con disprezzo. Li avrei visti morire giorno dopo giorno, nella disperazione. Medea la barbara, simbolo del riscatto della propria e dell’altrui condizione, donna che rinnega se stessa e la passione deleteria che la fece sciocca cerbiatta nei confronti di Giasone che definisce delfino dentro i miei inguini. Una superba e potente Viola Graziosi che -prepotentemente- quasi con audaci tentacoli, conquista la scena e il pubblico che pure di fronte al più efferato dei crimini non riesce a non partecipare del dolore tragico e apparentemente inconsolabile e sterile della donna. Alla potenza anche iconografica di Medea, variopinta nelle sfumature del giallo, come si vuole per la figlia del Sole, la Trinacria quale suo misero contraltare. Nella rivisitazione del mito, Violante fa approdare Medea in Sicilia, la terra che -come abbiamo già detto- uccide e seppellisce i figli che vogliono liberarla. In un assurdo ed inconceopibile ribaltamento dei fini, qui Medea, ibrida fra gli ibridi, fonde la sua pena con gli indigeni -ignari- a differenza della barbara, del loro ineluttabile destino di morte. Ma come ogni tragedia che si rispettti -classica o contemporanea che sia- il deus ex machina è sempre lì, se non dietro l’angolo, in alto o fosse anche nelle parole sapienti che un magistrale Buttafuoco ha recitato con enfasi e con evidente commozione. “Parole che ci ritroviamo scavate nella carne per sancire qualcosa di più di un’emozione. Mito e Tragedia a trent’anni dalle stragi di mafia. La tragica estate del ’92 le cui vittime, tutte insieme non gradirebbero lacrime da anniversario. Loro appartengono ai giusti, quelli che esigono rigore nel ricordo e responsabilità nell’impegno. Il baratro non è l’unico destino possibile. Sole, montagne, mare, le forze della natura che nella Sicilia si intrecciano, danno coraggio a Demetra, dea della rinascita, aiutano Persefone liberata dall’Ade, restituiscono speranza a Medea, mettono in fuga Dioniso, dio dell’ebbrezza e della morte. Saranno tre donne: Demetra, Medea e Persefone a guidare i giusti per il riscatto della loro terra. Tutti quanti… soprattutto i dimenticati… uno fra i tanti torna nelle nostre coscienze a distanza di trent’anni dalle stragi di mafia… Boris Giuliano”.