Gela – Lui, ritenuto un boss di primissimo piano, non ci sta e dice basta al carcere duro. A cui si trova sottoposto già da diversi anni.
È il cinquantasettenne Giuseppe Alferi, ribattezzato “U Jerru”, indicato come a capo della terza mafia di Gela. Quella entità che più volte è stata indicata, a chiare lettere e con dovizia di particolari, tra le righe dalla relazione del ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta dalla Dia di Caltanissetta. E in più anni.
Ora il boss, attraverso il suo legale, s’è rivolto al tribunale di sorveglianza di Roma chiedendo la revoca della misura che è stata prorogata per altri due anni.
Alferi è già detenuto in regime di «41 bis» da parecchio tempo, ma la difesa ha ritenuto che siano stati gli istessi procedimenti a cui s’è sottoposto il capomafia, a lasciare intendere che, in realtà, non sarebbe esistito e un vero e proprio gruppo strutturato.
In sostanza, per la difesa, quel terzo polo mafioso indicato da più parti come una peculiarità, in negativo, nell’area del gelese, non esisterebbe.