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Blitz con 23 arresti per mafia, tra loro una nota avvocatessa e agenti polpen e di polizia

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Agrigento – In cella la sospetta avvocatessa-boss. Lei, la cinquantenne Angela Porcello, affermata penalista di Canicattì, legale di diversi mafiosi di spicco, si si sarebbe trasformata in boss.

Nel suo studio si sarebbe tenuti importantissimi summit di mafia. Perché, era stato ritenuto, quella sarebbe stata terra franca. In cui i controlli da parte delle forze dell’ordine sarebbero stati più proibitivi.

E invece le microspie piazzate dai carabinieri del Ros, in quello studio, avrebbero catturato colloqui interessantissimi tra i boss consentendo anche di ricostruire una nuova mappa mafiosa e gli interessi illeciti delle cosche.

Nel suo studio legale, a più riprese, si sarebbero ritrovati i boss di Canicattì, Ravanusa, Licata e di Villabate. Quest’ultimo un fedelissimo del capomafia «Binnu» Provenzano. Una vera e proprio base logistica per summit mafiosi.

La professionista, compagna di un imprenditore che era stato già condannato per mafia, è considerata dagli inquirenti l’ispiratrice dell’attività del gruppo mafioso. A suo carico, nella notte, è scattato il fermo emesso dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo.

Sono 23 i provvedimenti restrittivi tra le pieghe del maxi blitz nome in codice «Xydi» per le ipotesi, a vario titolo, di associazione mafiosa – riferita sia a Cosa nostra e Stidda – concorso esterno nella stessa associazione mafiosa, favoreggiamento, tentata estorsione, accesso abusivo al sistema informatico, rivelazione di segreti d’ufficio e altri reati satellite, ma sempre con l’aggravante di avere favorito le famiglie mafiose.

Tra loro, oltre alla nota penalista e al super boss latitante Matteo Messina Denaro, anche un ispettore di polizia penitenziaria e un assistente di polizia di Stato. L’elenco degli indagati comprende i nomi, oltre che della primula  rossa di Castelvetrano e dell’avvocatessa di Canicattì,  anche di Antonino Chiazza, 51 anni,  Antonino Oliveri di 36, Antonio Gallea, 64 anni,  Calogero Di Caro di 75,  Calogero Paceco, 57 anni,  Emanuele Diego Cigna, 22 anni, Filippo Pitruzzella di 62,  Gaetano Lombardo di 65, Giancarlo Buggea, 50 anni,  Giuseppe D’Andrea, 49 anni, Giuseppe Falsone, Giuseppe Pirrera di 62 anni,  Giuseppe Sicilia di 42,  Gregorio Lombardo, 67 anni,  Luigi Boncori, 69 anni, Luigi Carmina di 56, Pietro Fazio di 49,  Roberto Gianfranco Gaetani, 54 anni;  Santo Gioacchino Rinallo di 60 e Simone Castello di 70 anni.

La Stidda, secondo la tesi dei magistrati palermitani e le indagini dei carabinieri, si sarebbe ricostruita in fronte compatto attorno al vecchio capo, quell’ Antonio Gallea ritenuto la mente dell’uccisione del giudice Rosario Livatino e che aveva già scontato per questo venticinque anni di carcere e nel gennaio del 2015 è tornato in semi libertà.

Tra le pieghe dell’inchiesta sono emersi ancora contati tra la mafia siciliana e quella statunitense, tant’è che esponenti della mafia a stelle e strisce nei mesi scorsi sarebbero stati in trasferta a favara per concordare affari sporchi.

Tra il business della mafia locale, quella agrigentina in particolare, il controllo nel settore di prodotti agroalimentari. Affari alternativi a quelli più tradizionali, come il traffico di droga, ma che avrebbero consentito di alimentare le casse di Cosa nostra e Stidda che, sul territorio, avrebbero siglato un pax che viaggiava però, secondo le risultanze investigative, sul filo del rasoio.

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