«Dopo che …se tocchi a quello succede un macello… le persone intorno a lui, tocchiamogli le persone che gli stanno vicino , vedi come cambierebbe questa cosa… questi sono quelli che c’entrano come sistema». È un passaggio delle intercettazioni raccolte dai carabinieri tra le pieghe dell’indagine antimafia «Mondo opposto» che ha fatto scattare ventinove provvedimenti cautelari coinvolgendo anche esponenti delle forze dell’ordine e l’ex sindaco di Niscemi. Quella captata dai militari sarebbe una discussione tra il presunto capo mandamento di Gela, il trentasettenne niscemese Alberto Musto e il fratello, il trentacinquenne Sergio Musto. Starebbero discutendo del progetto di voler colpire trasversalmente il sindaco Massimiliano Conti, malvisto dalla cosca mafiosa , attraverso un atto intimidatorio nei confronti di un professionista, al quale lo stesso capo della giunta aveva conferito diversi incarichi come consulente.Alberto Musto, discutendo con il fratello Sergio, riferendosi ad alcuni componenti dell’amministrazione comunale, avrebbe asserito che meritavano una lezione. «È che devono “scippare i botti” questo è… poi quando viene…», sottolineando come un’azione diretta contro il sindaco avrebbe suscitato troppo clamore. «Se lo fai a Massimo e a quei cornuti… a lui devi toccare, a lui devi toccare». E l’altro annuendo risponderebbe «e va bè tocchiamo ai suoi… se tocchiamo le persone vicino a lui per esempio- ed esplicitamente hanno fatto riferimento allo stesso ingegnere consulente del sindaco – che in questo momento sono la stessa cosa… vedi che i lavori a lui li sta facendo fare… perché non gli tocchiamo a lui… dopo che se tocchi quello succede un macello… tocchiamogli le persone che gli stanno vicino – il riferimento è sempre alla sfera del sindaco – vedi come cambierebbe questa cosa… questi sono quelli che c’entrano come sistema» Ma non solo quell’intercettazione ambientale tra i due fratelli, catturata da “cimici” , secondo carabinieri e magistrati, dimostrerebbe questo disegno. Già perché vi sarebbe una chat su whatsapp, scoperta durante una perquisizione di fine gennaio scorso , tra altri due coinvolti nel blitz in cui vi era stato uno scambio di foto, con uno scatto che ritraeva l’auto del professionista, indicandola come l’obiettivo da colpire, bruciandola.