Mussomeli – È la via del silenzio che hanno scelto i tre mussomelesi arrestati dai carabinieri lunedì scorso. Due perché accusati di avere bullizzato ed estorto soldi a un assuntore, il terzo, parente di uno degli altri due, per favoreggiamento.
Ma hanno preferito fare scena muta. Bocche cucite per il trentatreenne F.L.G., suo cognato, V.C. – assistiti dall’avvocatessa Alba Raguccia – e il sessantenne T.P., quest’ultimo zio del primo – assistito dagli avvocati Giuseppe Dacquì e Ruggero Mancino – comparsi al cospetto del gip per l’interrogatorio di garanzia.
I legali del sessantenne hanno ottenuto la scarcerazione del loro assistito perché non sarebbe punibile per favoreggiamento per il grado di parentela che lo lega al trentatreenne.
Secondo la tesi accusatoria lo zio avrebbe riferito al nipote una frase del tipo «una persona che sa tutto mi ha detto che ci sono indagini su te», e in questo si sarebbe concretizzato il presunto favoreggiamento contestato dai pm.
Per gli altri due indagati, come chiesto dalla procura, i provvedimenti restrettivi – carcere per il trentatreenne F.L.G. e domiciliari per il cognato C.V. – sono rimasti invariati.
Nel mirino di loro due sarebbe finito un assuntore che sarebbe stato minacciato e picchiato, in più circostanze, per estorcergli soldi.