Home Cronaca «Dal boss di Vallelunga il placet a quel delitto di mafia»

«Dal boss di Vallelunga il placet a quel delitto di mafia»

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Vallelunga – Lui, boss di Vallunga, avrebbe fornito il placet alla missione di morte seppur lontano, territorialmente, da casa sua.

 Ma è nella veste di rappresentante provinciale di Cosa nostra che il suo benestare sarebbe stato necessario per mettere a segno quell’agguato.

Il via libera, secondo i magistrati, è arrivato dal capomafia settantatreenne Giuseppe «Piddu» Madonia al carcere duro da anni.

Da lui sarebbe arrivato il nullaosta per l’imboscata al gelese Giuseppe Failla, assassinato nel suo bar una mattina di trentadue anni addietro.

E sul banco degli imputati sono chiamati, oltre a Madonia, anche il sessantaduenne Angelo Palermo, il cinquantaduenne Angelo Bruno Greco e il sessantaduenne Angelo Palermo e il presunto boss cinquantatreenne sancataldese Cataldo Terminio.

Nei confronti dei quattro imputati  – difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Crtistina Alfieri, Michele Micalizzi, Eliana Zecca e Sergio Iacona – i familiari della vittima – assistiti dall’avvocato Giovanni Bruscia – hanno chiesto di potersi costituire parte civile.

Failla, secondo l’impianto accusatorio, sarebbe be stato assassinato per vendicare l’uccisione di Nicolo Terminio, padre dell’attuale imputato Cataldo Terminio.

E nelle primissime ore del 9 novembre del lontano 1988 è scattato l’agguato all’interno del bar gestito dallo stesso Failla.

A fare fuoco, secondo il teorema accusatorio,  sarebbe stato lo stesso Terminio, mentre gli altri due – Greco e Palermo – lo avrebbero aiutato prima e dopo il delitto.

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