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Giornata mondiale dell’autismo, bimbi in trattamento a Casa Rosetta

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Caltanissetta – Casa Rosetta in prima linea in occasione della «Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo» istituita dall’Onu quindici anni fa. Circostanza peraltro utile per fare il punto sulla situazione e sulle risposte del servizio sanitario.

In tal senso l’Asp di Caltanissetta ha già annunciato la prossima pubblicazione di un bando per la realizzazione di nuovi servizi in provincia, ossia una comunità residenziale e due centri diurni.

Ad oggi, su questo fronte, il centro di riabilitazione “Villa San Giuseppe” di Casa Rosetta ha in cura dodici bambini con diagnosi di disturbo dello spettro dell’autismo in trattamento al servizio ambulatoriale.

E il tema dell’autismo «è anche all’attenzione del gruppo di studio composto da dieci componenti dell’équipe riabilitativa multidisciplinare, tra psicologi, logopedisti, psicomotricisti, assistenti sociali e neuropsichiatra infantile, coordinati dal neuropsichiatra infantile con la collaborazione scientifica di uno specialista esterno, psicologo psicoterapeuta, esperto in psicopatologia dell’Infanzia e dell’adolescenza», è stato precisato.

 «La finalità a lungo termine del progetto terapeutico – è stato spiegato – è quella di favorire il migliore possibile sviluppo delle competenze comunicative, di relazione, di gestione delle emozioni e di adattamento del bambino e adulto con “dsa” al suo ambiente, in rapporto alle specifiche caratteristiche del suo essere autistico. Questo per garantire una soddisfacente qualità di vita a sé e all’intero “sistema sociale” – famiglia, scuola, comunità -… l’attenzione di Casa Rosetta per l’autismo è cominciata già dalla fondazione del centro si riabilitazione, nel 1985»., è stato aggiunto.

«Nei nostri servizi riabilitativi – ha chiarito il direttore sanitario di Villa San Giusepp, Bianca Giunta, – medici, psicologi e tecnici della riabilitazione, sono impegnati nella presa in carico del paziente con un approccio olistico della persona che vede partecipare la famiglia come care giver, durante tutto il percorso di cura, che nella maggioranza dei casi, si sviluppa in tutto l’arco della vita. Questo impone una attenzione particolare al paziente, bambino o adulto, e alla sua famiglia».

Ed è entrata ancor più nel dettaglio spiegando che «l’équipe utilizza un modello evolutivo integrato in cui la presa in carico è della persona nella sua globalità e non può prescindere dalla famiglia e dal contesto di vita. Nell’intervento le dimensioni emozionali e relazionali dello sviluppo del bambino hanno un ruolo fondamentale. Normalmente le diverse aree, quali quelle dell’emotività, delle funzioni cognitive, delle competenze comunicative, evolvono e si influenzano reciprocamente, definendo un sistema dinamico che non può essere considerato la semplice somma delle componenti che partecipano alla sua realizzazione».

Ed è andata oltre aggiungendo che «l’intervento si caratterizza come un intervento “centrato sul bambino” per favorire la sua libera espressione, la sua iniziativa, la sua partecipazione. In accordo a questi aspetti di inscindibilità tra cognitivo, emozionale, comunicativo e relazionale, il ruolo degli operatori preposti alla realizzazione del progetto diventa critico non solo per le “attività” che possono far fare, ma anche per il loro modo di porsi e relazionarsi».

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