Home Cronaca Giro di auto riciclate, scattano otto condanne   

Giro di auto riciclate, scattano otto condanne   

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Caltanissetta – Otto condanne per un giro di macchine riciclate. Cinque con il rito abbreviato e tre patteggiando la pena. Così si è chiuso questo primo capitolo processuale legato all’inchiesta di polizia ribattezzata «Fake Cars». Che nel marzo dello scorso anno ha fatto scattare nove misure cautelari, scoprendo un giro d’affari di oltre un milione di euro con cinquantaquattro mezzi sequestrati. Pochi dei quali, adesso, dopo la sentenza, restituiti.

A patteggiare la pena sono stati il cinquantatreenne Giovanni Di Girolamo con 3 anni, 2 mesi e 4 mila euro di multa, il cinquantottenne Michele Gioacchino Colasberna con 2 anni, 2 mesi, 10 giorni e 4 mila euro e quarantottenne Michele Giarratana, ritenuto tra i “dominus” della presunta rete di truffatori.

È con il rito abbreviato, invece, che sono stati condannati sessantaquattrenne Eugenio Amico, pure lui indicato ai vertici della sospetta rete, che ha rimediato 7 anni, 11 mesi e 8.484 euro di multa; il cinquantenne Giovanni Alessandro Piazza con 6 mesi e 100 euro e il beneficio della pena sospesa; il cinquantaseienne Antonio Farruggia con 2 anni, 5 mesi e 10 giorni; la sessantenne Silvana Mangia un anno, un mese, 10 giorni e 100 euro di multa e, chiude il quadro, il cinquantaduenne Luigi Matera con 4 anni, 3 mesi, 10 giorni e 5.675 euro di multa. Pene già ridotte di un terzo per via della scelta del rito al cospetto del gup David Salvucci.

In pi i cinque in abbreviato sono stati pure condannati a risarcire, passando per una differenziazione, le quattro parti civili costituite – assistite dagli avvocati Davide Anzalone, Maria Giambra e Pietro Sorce – compresa la la Findomestic banca.  Oltre a pene accessorie come l’interdizione dai pubblici uffici e il pagamento delle spese processuali.

È di falsità materiale commessa dal privato in atti pubblici, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, truffa, ricettazione e riciclaggio che, a vario titolo, gli otto – assistiti dagli avvocati Giuseppe Dacquì, Dino Milazzo, Danilo Tipo, Mariangela Randazzo, Rosario Di Proietto, Ruggero Mancino e Martina Vurruso  – sono stai chiamati a rispondere.

Polizia e magistrati hanno ipotizzato che la sospetta organizzazione – alcuni di loro nonne avrebbe fatto parte ma avrebbe avuto un ruolo nel sistema –  si sarebbe procurata auto o rubandolo o acquistandole truffando società finanziarie.  Ma avrebbero pure falsificato atti notarili o denunciando falsi smarrimenti di targhe, modificando il numero di telaio o utilizzando dati di auto che circolavano in Stati esteri.  Mezzi che poi sarebbero stati riciclati e rivenduto a ignari acquirenti.

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