Mussomeli – «Gli operatori sanitari si sentono particolarmente esposti. Sono scoraggiati e sconfortati. I medici non vanno a lavorare per arrecare un danno ai cittadini, escono da casa perché vogliono dare risposte ai bisogni di cura. Ma vogliamo essere rispettati e non oggetto di inaudite violenze». Mariella Dilena, direttore sanitario mussomelese dei presidi Villa Sofia-Cervello, ha raccontato al Giornale di Sicilia, il clima che vive il nosocomio dopo l’ennesima aggressione di questi giorni ai danni di un operatore sanitario. Un clima governato dalla paura. «C’è il timore di lavorare in contesti meno affollati perché il pensiero che qualcuno possa ucciderti o ferirti brutalmente è forte, una paura assolutamente giustificata», ammette la dottoressa Dilena. Secondo cui parlare solo di sicurezza è riduttivo: «Serve un approccio di sistema. Le strutture sanitarie non si possono blindare. Sicuramente incrementare la vigilanza può essere un deterrente, ma non basterà mai. Il problema è culturale». Il direttore parla di prevenzione. «Bisogna prevenire, recuperare la fiducia tra i cittadini e gli operatori sanitari. Un rapporto di fiducia venuto meno anche perché i sanitari si trovano sempre più stanchi nell’affrontare la loro professione per una serie di problemi che investono la sanità pubblica, questa è la realtà e dobbiamo dirlo. È una responsabilità di sistema. Siamo qui per prenderci cura dei pazienti, ma abbiamo bisogno di essere rispettati perché dobbiamo recuperare la serenità che manca». I medici hanno minacciato le dimissioni di massa: «È una provocazione che nasce dallo sconforto e dall’amarezza, ma è una richiesta d’aiuto alle istituzioni. La sanità non si autogoverna. Esistono istituzioni che hanno il compito di trovare soluzioni normative che possano essere d’aiuto», prosegue il direttore.
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