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Infiltrazioni mafiose in Consiglio, il Tar annulla l’interdittiva per un’azienda dell’ex sindaco di Bompensiere

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Bompensiere – È dal Tar di Palermo che è arrivato il colpo di spugna all’interdittiva per una società appartenente all’ex sindaco di Bompensiere, Salvatore Gioacchino Losardo. Così si sono espressi i giudici accogliendo i ricorsi presentati dagli avvocati Girolamo Rubino e Lucia Alfieri, annullando un provvedimento della prefettura nissena.

È sull’onda dello scioglimento del consiglio comunale di Bompensiere, cinque anni fa, che la Prefettura di Caltanissetta ha emanato una interdittiva nei confronti di una società amministrata dallo stesso allora sindaco. Il provvedimento è stato allora motivato con il pericolo di infiltrazioni mafiose «in forza di legami di parentela e presunte frequentazioni pregiudizievoli».

Così l’azienda, impossibilitata a operare, è stata travolta dal tracollo economico. Da qui il ricorso giurisdizionale proposto dinanzi il tribunale amministrativo del capoluogo isolano a cui i due legali hanno chiesto  di annullare, sospendendolo nelle more, il provvedimento interdittivo.

Nel frattempo, in attesa del giudizio, dopo un anno da quell’interdittiva, sulla base di nuovi elementi che avrebbero provato l’estraneità della società da contesti malavitosi, i legali hanno avanzato un’istanza di aggiornamento del provvedimento. Ma dalla prefettura è arrivato il «no», ritenendo che non vi sarebbero stati elementi tali da giustificare la revisione.

Il passo successivo è stato il ricorso al Tar di Palermo, prospettando sia la presunta inconsistenza degli elementi che avevano portato a quell’interdittiva e sia i nuovi aspetti per un riesame. È nel gennaio dello scorso anno che lo stesso tribunale ha accolto l’istanza della società ricorrente.

La prefettura, però, secondo gli stessi legali, avrebbe preso tempo visto che era pendente il giudizio. E su questo aspetto gli avvocati Rubino e Alfieri hanno posto l’accento adducendo che «il giudizio avverso la precedente informativa, cristallizzava lo stato di fatto esistente al momento dell’adozione del provvedimento interdittivo, stato di fatto che nelle more può mutare o comunque non essere più attuale e come tale indicativo di un concreto pericolo di infiltrazione mafiosa».

Gli stessi legali hanno poi sottolineato che l’avere ignorato i fatti al centro dell’istanza di aggiornamento «inficiavano il provvedimento adottato dalla Prefettura», considerandolo «palesemente illegittimo». E, peraltro, la stessa prefettura – sempre secondo i due avvocati – avrebbe dovuto comunicare i motivi che avrebbero costituito ostacolo per l’accoglimento dell’istanza di aggiornamento.

Ad ogni modo, sempre secondo la tesi difensiva, l’atto impugnato sarebbe comune illegittimo perché l’informativa antimafia ha una validità di un anno, per cui la prefettura avrebbe dovuto procedere alla verifica della sussistenza delle ragioni alla base del provvedimento stesso.  Peraltro, per la difesa, in quel provvedimento non si sarebbe fatto alcun riferimento al titolare dell’azienda o a eventuali sue frequentazioni dubbie, né un qualsiasi elemento di collegamento con l’organizzazione mafiosa.

Ora è stato il tribunale amministrativo regionale ad accogliere il ricorso annullando provvedimento impugnato così come chiesto dagli avvocati Rubino e Alfieri.

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