Home Cronaca La danza di Cristina, Polina e Dasha, dall’Ucraina a Mussomeli

La danza di Cristina, Polina e Dasha, dall’Ucraina a Mussomeli

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Mussomeli – Storie. Che nascono, crescono, si inseguono e ritornano. Come nel circuito di una pista dove si fa sempre ritorno al capolinea. Per volontà o per fato, questo davvero non ci è dato sapere. Sono Cristina, Polina e Dasha, le ragazzine ucraine protagoniste di questa storia. E Daniela Giaffreda, nota insegnante di danza, agrigentina ma con una storica presenza a Mussomeli, la loro benefattrice che ha offerto ai bambini ucraini rifugiati la possibilità di frequentare gratuitamente i corsi di danza, nella speranza di potere offrire loro un pò di spensieratezza e di allegria.  A fare da madrina alle bimbe, Mariuccia Genuardi che già aveva frequentato Vera e Julia durante il loro primo soggiorno a Mussomeli. E ora, ricordatasi dell’offerta della maestra Giaffreda, si è generosamente proposta per fare da tramite, accompagnando le bimbe a danza e presentandole alla comunità locale. Vera e Julia sono tornate, in quell’ombelico del mondo che gli offrì asilo e speranza in quel 1995 quando -disperate- ieri come oggi- si trovarono a fuggire dalle radiazioni di Chernobyl in seguito allo scoppio della centrale nucleare. Qui, nel cuore buono della Sicilia, hanno ritrovato quegli affetti che, 27 anni or sono, hanno fatto da antidoto ai veleni nucleari. E oggi ai veleni -decisamente più letali e sanguinari- di una guerra, annunciata forse, voluta ma sicuramente atroce come ogni guerra. Spietato monito a ricordarci che chi è stato in pericolo mai più sarà salvo. Eppure nei meandri tortuosi del destino, una ferita può diventare una meravigliosa cicatrice se a curarla sono mani amorevoli. Per Vera e Julia, Mussomeli non è uno scenario nuovo, ne conoscono l’aria che hanno già respirato e -come abbiamo detto- le persone. Ma per le loro bimbe è un mondo nuovo, sconosciuto, dove ci si deve inventare il tempo e un modo per poterlo impiegare. Un tripudio di gioia le ha accolte, nell’aula di danza, nonostante le ovvie difficoltà di comunicazione verbale. Ma c’è un linguaggio del corpo universale che travalica confini e culture. Un momento di integrazione e solidarietà che ha resituito un sorriso e per un attimo ha cancellato gli orrori del mondo… tutto!

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