Caltanissetta – È accusato di avere intascato soldi dalla comunità europea sostenendo il falso. E nel mettere a segno il presunto imbroglio avrebbe goduto anche della compiacenza di un funzionario e di una impiegata della confederazione Liberi agricoltori Catania.
Questa la contestazione che ha trascinato un nisseno al centro del dossier della procura messinese contro la cosiddetta mafia dei Nebrodi.
È il ventiseienne nisseno Rosario Anzalone – assistito dall’avvocato Massimiliano Bellini – finito al centro della mega inchiesta con le accuse di truffa aggravata dall’avere favorito l’associazione mafiosa, più in dettaglio il clan dei Batanesi e, ancora, falsità ideologica.
Secondo l’accusa, per l’anno 2017, l’impresa avrebbe beneficiato di contributi per oltre 92 mila euro, ma non dichiarando il vero.
Perché sarebbe stato attestato, sempre secondo gli inquirenti, la disponibilità di particella di proprietà del demanio, ma mai transitate all’impresa in questione.
E qui soldi erogati dall’Unione europea – è quanto avrebbero ricostruito carabinieri e magistrati -, sarebbero poi finiti in un conto bancario acceso in un istituto lituano.
I fatti in questione, con la presunta complicità del funzionari della «Caa» risalirebbero al giugno di due anni addietro. Nel gran calderone anche la presentazione di false autocertificazioni e documentazione.