Caltanissetta – Le porte in faccia della Cassazione hanno fatto scattare l’arresto della “boss in gonna”. Perché la condanna a suo carico per mafia e pizzo è divenuta definitiva.
E la sessantanovenne Maria Catena Cammarata è finita in cella per scontare undici anni di reclusione per associazione mafiosa e un episodio estorsivo ai danni di un imprenditore pure lui di Riesi. Provvedimento restrittivo scattato sull’onda del suo coinvolgimento nell’indagine dei carabinieri su mafia, pizzo, droga e armi ribattezzata «De Reditu».
Con il «no» della Suprema Corte la sorella dei boss di Cosa nostra a Riesi – assistita dall’avvocato Danilo Tipo – è stata arrestata dai carabinieri. Già perché è divenuto definitivo il pronunciamento della corte d’Appello di Caltanissetta dopo il concordato di pena a dodici anni di reclusione.
Verdetto definitivo, e altro arresto per un altro dei coinvolti nella stessa inchiesta dei carabinieri , è scattato per l’ottantaduenne Giuseppe Di Garbo -assistito dagli avvocati Carmelo Terranova e Giada Faraci -condannato a undici anni per associazione a delinquere finalizzata alla coltivazione e traffico di marijuana e spaccio di droga.
Sono tra i venticinque destinatari di ordinanza di custodia cautelare – di cui venti in carcere e cinque in carcere – emesse dal gip di Caltanissetta nell’estate di cinque anni sull’onda di un’indagine dei carabinieri che, nella sua globalità, ha fatto luce su cinque omicidi e tre tentati omicidi consumati a Riesi alla fine degli anni ‘90, oltre che su un giro di coltivazione e produzione di marijuana e una serie di estorsioni, con l’ombra della mafia ad aleggiare.