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Mafia e pizzo, imputato di Campofranco si difende

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Campofranco – «Dopo la mia condanna, in passato, non ho più avuto a che fare con nulla d’illegale… peraltro ho pure avuto problemi familiari».

Così si era difeso al cospetto del tribunale il settantottenne di Campofranco, Calogero Modica, tra gli imputati del processo su mafia, pizzo, armi e droga ribattezzato «Gallodoro».

A lui è stata imputata una richiesta estorsiva alla «Sud Gessi» di Campofranco. «Li ci ho lavorato, ne ho fatto parte, come avrei mai potuto chiedere il pizzo?», è stata la sua difesa respingendo le contestazioni mosse nei suoi confronti.

Modica – contro il quale ha puntato l’indice l’ex boss vallelunghese Ciro Vara tirandolo in ballo anche per altro –  in questo troncone processuale che si sta celebrando con il rito ordinario – altri quindici hanno chiesto l’abbreviato – è a giudizio insieme al quarantasettenne di Mussomeli, Salvuccio Favata, il cinquantottenne di Vallelunga, Vincenzo Insinna e il quarantaquattrenne di Agrigento, Salvatore Puma – assistiti dagli avvocati Walter Tesauro, Antonio Impellizzeri, Davide Schillaci e Giovani Castronovo – e le posizioni di ognuno di loro passano per precise imputazioni.

Più in dettaglio, Modica risponde di associazione mafiosa ed estorsione, Favata di  associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di droga e diversi episodi di cessione, Insinna e Puma di episodi di smercio di cocaina.

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