
Caltanissetta – Due condanne per mafia. E cadono le accuse di estorsione. Così si è chiuso il quarto processo, dopo l’annullamento della Cassazione, a carico di un imprenditore e un commerciante nisseni.
Condannato a 7 anni di carcere per associazione mafiosa, ma solo fino al 2001, il settantunenne Antonino Bracco – difeso dall’avvocato Davide Anzalone – che, di contro, è stato riconosciuto non colpevole per due episodi estorsivi e , sempre per mafia, dal 2002 in poi.
Assolto dall’accusa di mafia, invece, il sessantenne Antonino Marcello Ferraro – difeso dall’avvocato Sergio Iacona – che nel primo appello era stato condannato a sette anni per mafia.
Nei loro confronti si sono costituiti parti civili il Comune di Caltanissetta, l’associazione antiracket «Livatino» – assistiti dall’avvocato Raffaele Palermo – Provincia e Ance – assistiti dall’avvocato Giuseppe Panepinto- il Fai, federazione antiracket italia – assistita dall’avvocatessa Renata Accardi – e il Comune di Agira – assistito dall’avvocato Claudio Scarpulla – che avevano condiviso le richieste avanzate dalal procura generale. Proposto più severe rispetto a quello che è stato il verdetto emesso ora dalla corte d’Appello presieduta

da Giuseppe Milisenda Giambertoni.
All’inchiesta in questione, ribattezzata «redde radtionem» hanno fornito un lor contributo diversi collaboratori di giustizia, ossia Francesco «Ercole» Iacona, Carmelo Barbieri ribattezzato «’u prufessùri», Carlo Alberto Ferrauto, Aldo Riggi, Pietro Riggio e Agesilao Mirisola.
Ma le loro versioni, secondo la difesa, non sarebbero state coincidenti e, quelle in qualche modo accusatorie, non avrebbero trovato riscontri.