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Morì cadendo dal tetto di un capannone, l’esperto della procura: «In quel cantiere scarsa sicurezza sul lavoro»

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Caltanissetta – Indice puntato sulla questione sicurezza.  Che, secondo l’esperto nominato dalla procura sentito in aula, sarebbe stato alla base di una morte bianca. Una pagina buia segnata, in questo caso, dal decesso dell’operaio cinquantaquattrenne di San Cataldo, Rosario Alessi, che ha perso la vita cinque anni e mezzo fa cadendo dal tetto di un capannone industriale di via Calderaro, alla zona industriale di Caltanissetta, mentre stava sostituendo alcuni pannelli. Era il 27 febbraio 2018 .

In questo processo – non il solo che ha preso le mosse da questa tragedia sul lavoro – siede sul banco degli imputati il cinquantaquattrenne Maurizio Baio  – assistito dall’avvocato Michele Ambra – legale rappresentante della «Immobiliare Biemme», ditta commissionaria dei lavori. È a giudizio, al cospetto del giudice Nicoletta Frasca, per rispondere di omicidio colposo. Imputazione contestata a suo carico dal pm Chiara Benfante.

Nei suoi confronti sono costituiti parti civili – assistiti dagli avvocati Giacomo Butera e Angela Bertolino –  moglie, figli e sorella della vittima.

Il consulente nominato dalla procura è giunto alla conclusione che sarebbero emerse responsabilità per la morte dell’operaio, perché non sarebbero stati rispettati i criteri di sicurezza. Non avrebbe indossato l’imbracatura con anomalie anche in relazione alla “linea vita”, ossia quel cavo che sormonta il tetto ed a cui dovrebbero agganciarsi gli operai che lavorano ad altezza elevata.

E, ricalcando un po’ lo stesso scenario emerso dalla consulenza tecnica, anche un altro operaio che in quei frangenti stava lavorando in quel capannone, ha confermato che in quel cantiere si sarebbe lavorato senza alcuna protezione.

Dal canto loro le parti civili hanno già sottolineato nell’altro procedimento celebrato a carico di due imprenditori poi condannati, che quel giorno, dopo il gravissimo incidente al loro familiare in fin di vita in ospedale – prima al «Sant’Elia» e poi al «Villa Sofia» di Palermo dov’è deceduto dopo una settimana  – in quel cantiere avrebbero continuato a lavorare come se nulla fosse accaduto.

Vincenzo Falci

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