Caltanissetta – No alla sospensione della pena detentiva per un ex boss di mafia che da anni ha saltato il fosso rinnegando il suo passato.
E le sue rivelazioni, negli anni, hanno fornito un contributo concreto a diverse operazioni delle forze di polizia contro la criminalità organizzata.
Eppure il quarantottenne gelese Massimo Billizzi s’è visto chiudere le porte in faccia dalla Cassazione che gli ha negato la liberazione condizionale della pena.
Troppo “pesante” il passato di Billizzi, secondo i giudici, perché possa ancora godere di questi benefici. E anche le pene piovute sul suo capo – per estorsione, rapina, detenzione di armi e associazione mafiosa – sono più che consistenti.
Billizzi ha avviato il suo rapporto di collaborazione undici anni addietro. Erano gli inizi del 2011 quando l’ex boss, ritenuto esponente di spicco del clan Emmanuello di Cosa nostra nissena ha chiesto ai magistrati di collaborare.
Lo ha fatto nel maggio di undici anni addietro durante il processo d’appello legato all’inchiesta su mafia e racket «Munda Mundis».
E adesso dalla Suprema Corte è arrivato il diniego alla sospensione condizionale della pena per l’ex scudiero degli Emmanuello. La sua posizione, per i giudici, dovrà ancora essere meglio valutata