Caltanissetta – Criticità al centro quarantena di Pian del Lago. A porre l’accento sulla questione è la federazione provinciale stranieri e immigrati presieduta dall’avvocatessa Delia Perricone, il «Mo.vi» Caltanissetta presiduto da Filippo Maritato che è anche direttore della «Casa delle culture e del Volontariato» di Caltanissetta e, ancora, Caltanissetta antirazzista e Migranti solidali
Nel luglio 2020 – hanno spiegato i promotori del documento – il CARA di Caltanissetta è stato dismesso per essere destinato alla quarantena. Tutti i richiedenti protezione internazionale allora presenti sono stati trasferiti senza ricevere alcuna preventiva informativa nemmeno rispetto alle località nelle quali sarebbero stati destinati. Il trasferimento “di massa” è avvenuto la mattina del 16.7.2020 in maniera del tutto improvvisa, con modalità, e soprattutto con una tempistica, non rispettosa delle persone coinvolte.
Gli ospiti del Centro sono stati “dislocati” separatamente in centri di accoglienza presenti in tutto il territorio nazionale, senza alcun riguardo per la singola posizione soggettiva – sia rispetto all’iter della loro domanda di protezione internazionale, sia rispetto agli svariati percorsi intrapresi -.
Molti dei giovani ospiti del Cara con Impegno e sacrificio seguivano cicli scolastici, attendevano di conseguire il diploma di scuola media, svolgevano attività sportive e alcuni di loro erano anche inseriti all’interno di squadre sportive/agonistiche. Elementi questi che per altro avrebbero potuto influire positivamente sul riconoscimento di una delle forme di protezione.
Non si è tenuta in alcuna considerazione la pendenza dei giudizi per il riconoscimento della protezione internazionale innanzi il Tribunale di Caltanissetta, il fatto che molti dei r.a. avrebbero dovuto rendere l’audizione innanzi l’autorità giudiziaria, né tanto meno si ha avuto riguardo del fatto che dopo anni di attesa, alcuni ospiti avrebbero dovuto sostenere l’audizione innanzi la Commissione Territoriale competente il giorno successivo al trasferimento e ciò ha comportato un ulteriore slittamento a data da destinarsi c/o le nuove Comm. Terr. competenti.
Si è deciso di “eliminare” un centro di accoglienza per richiedenti asilo- attivo e funzionante – per snaturarlo e destinarlo ad altra funzione senza apportare però alcun adeguamento strutturale. Tale decisione istituzionale ha comportato la repentina interruzione di significativi percorsi di integrazione intrapresi dai richiedenti, percorsi che sono stati vanificati quando invece dovrebbero essere promossi e salvaguardati dalle stesse istituzioni.
Il centro ad oggi è adibito alla quarantena e presenta significative criticità tra cui: inidoneità della sede e dei locali come centro quarantena: la Cooperativa che gestisce il centro quarantena ha una struttura organizzativa- di strumenti e personale – finalizzata alla gestione del CARA e CPR, ci si domanda quindi se essa sia effettivamente idonea a far fronte a tale diversa delicata funzione.
Le strutture abitative del Centro sono costituite da container che oltre ad essere inadeguati per ospitare i r.a.- che quanto meno sono liberi di potere uscire durante la giornata – lo sono ancora di più per i migranti in quarantena. I container non sono in alcun modo idonei a tale funzione abitativa nè a garantire un dignitoso isolamento.
I migranti vivono in ambienti comuni, ossia in condizioni di promiscuità e condivisione, per tanto tale modalità di quarantena non è atta ad evitare il contagio o tutelare da eventuale contagio in quanto non è possibile mantenere alcun distanziamento.
Ciò comporta continuamente il prolungarsi del periodo di quarantena per un tempo indeterminato perchè ogni qual volta un soggetto risulta positivo al covid 19 ricomincia a decorrere da capo il periodo di quarantena per tutti gli altri stranieri presenti anche se con esito tampone negativo, e ciò per il fatto di “essere stati costretti” a vivere in promiscuità e in contatto.
Ergo, le persone rimangono “trattenute” all’interno dei container per mesi e mesi, non perché positivi ma a causa della inidoneità della struttura, in quanto non sono poste in essere le misure di distanziamento e di prevenzione del contatto e del contagio incompatibili con la configurazione del Centro.
Si evidenzia che tale inadeguatezza e carenza di sicurezza dei luoghi, oltre a creare gli effetti di cui sopra nei confronti dei soggetti posti in quarantena coinvolge sia direttamente che indirettamente il personale in servizio.
La mancanza di sicurezza e delle opportune tutele conseguente alle caratteristiche dei luoghi pone a rischio di contagio tutti i soggetti a vario titolo coinvolti.
Ci si domanda quindi se le autorità istituzionali oltre a scegliere eventuali sedi per la quarantena non abbiano anche la responsabilità di valutare l’idoneità degli ambienti, e se, nel caso in questione, vi siano precise responsabilità nella gestione dei contagi visto che di fatto, non vengono poste in essere le misure, anche quelle di buon senso, che prevedono il rispetto per la salute e per la persona.
E’ evidente che fare convivere in maniera promiscua gruppi di persone, anche centinaia, in ambienti comuni (dalla mensa ai bagni) significa porre in essere una condotta che non tutela dal contagio ma che anzi può favorirlo, con la conseguenza, si ripete, che ad ogni contagio la quarantena ricomincia a decorrere per tutti gli altri “conviventi forzati”, come in un circolo vizioso. Da quanto riportato dalla stampa, oggi “convivono” in “quarantena” circa 190 persone!
L’inadeguatezza dei luoghi per la quarantena è confermato per altro dalle ripetute fughe che si sono susseguite in tutto questo arco temporale.
Altro elemento di criticità è legato al fatto che il centro quarantena è adiacente agli sportelli dell’ufficio immigrazione di ricezione pubblico esterno. Anche ciò rende evidente che non è stata fatta alcuna valutazione preventiva a tutela della salute collettiva.
PRESENZA MSNA: All’interno del centro quarantena è risultata la presenza di minori non accompagnati, come confermato dall’articolo stampa del 9.3.21 in cui si dà notizia della fuga degli stessi. Ci si chiede in primo luogo come sia stato possibile consentire la presenza dei minori in un centro quarantena per adulti.
Ci si chiede se l’iter normativo specificatamente previsto per i minori sia stato attivato sin dal momento del loro ingresso nel territorio nazionale (come previsto dalla legge). Ci si chiede se la struttura aveva al momento della presenza dei minori la disponibilità delle figure necessarie e imposte dalla normativa per i soggetti MSNA.
Ci si chiede se sia stato nominato un tutore, fin dal momento dell’ingresso dei minori, e chi fosse la figura responsabile in caso di necessità.
-Violazione dei diritti fondamentali: ai migranti posti in quarantena, nonostante il prolungarsi dei mesi, non è consentito formalizzare la domanda di protezione internazionale causando ciò una precisa violazione di un diritto fondamentale che deve essere garantito. La “mera” manifestazione di tale volontà infatti non giustifica la mancata formalizzazione; inoltre poichè il centro quarantena sorge nella stessa sede dell’ufficio immigrazione non sussistono, nè possono essere addotte, ragioni ostative di tipo tecnico-organizzativo.
Si chiede inoltre se viene effettuato un accertamento di eventuali patologie croniche e in caso di riscontro positivo ove vengano “collocate” le persone maggiormente vulnerabili e che tipo di assistenza ricevono.
Ci si chiede quale sia formalmente la posizione giuridica dei soggetti posti in quarantena e quale sia il loro “status”, anche alla luce dei lunghi mesi ln cui si trovano “trattenuti”, tenuto conto che, per altro, gli stessi sono privati del diritto di assistenza legale, non essendo prevista appunto la nomina di un legale. Ciò comporta che le condizioni in cui versano non può essere oggetto di tutela.
Di fatto è come se si fosse creato una sorta di luogo “extra territoriale” ove regna una sospensione dei diritti “momentaneamente” congelati. Condizione assolutamente inammissibile posto che tale centro quarantena sorge su territorio italiano e per tanto devono applicarsi la normativa vigente e le tutele costituzionali dei diritti fondamentali.
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