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Non erano loro i sicari, non reggono le accuse per padre, figlio e un loro parente

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Caltanissetta – Non erano loro i sicari. Così hanno sentenziato i giudici assolvendo i tre imputati. Non hanno retto le contestazioni mosse a loro carico e che poco meno di quattro anni hanno fatto scattare pure il loro arresto, poi cancellato.

Il verdetto di non colpevolezza è stato emesso nei confronti del  quarantanovenne Nicola Liardo, il figlio, il ventiseienne Giuseppe Liardo e il trentatreenne Salvatore “Tony” Raniolo, genero di Nicola e cognato di Giuseppe Liardo.

Sono stati tirati in ballo per il delitto dell’allora tassista cinquantaseienne Domenico Sequino , gelese come gli imputati – i suoi familiari si sono costituiti parte civile –  che sarebbe stato ucciso per questione di quattrini e presunti interessi sporchi. E, secondo lo spaccato tracciato dai magistrati, padre e figlio sarebbero stati la regia di quell’imboscata mortale che sarebbe stata organizzata in carcere. Lì si trovava già Liardo senior.

Ma alla fine il teorema della procura – che al termine dell’istruttoria dibattimentale ha chiesto il carcere a vita per gli imputati – non ha retto e la corte d’Assise di Caltanissetta ha riconosciuto i tre liberi da ogni responsabilità.

L’agguato è scattato la sera del 17 dicembre 2015, in pieno centro, in piazza Umberto I, pochi minuti prima delle otto di sera. E in quei frangenti sono stati due i killer, in sella a uno scooterone, che hanno sparato al tassista raggiungendolo alla schiena. Cinque i colpi andati a segno.

Un delitto che adesso, alla luce della sentenza emessa dalla corte d’Assise nissena, rimane ancora irrisolto. Senza colpevoli.

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