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Pensionato di Mussomeli rapinato con la promessa di un incontro “piccante”, in 4 condannati

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Mussomeli – In quattro condannati per una rapina a Mussomeli. Messa a segno, secondo la tesi di carabinieri e magistrati, con la promessa di un incontro “piccante”. Tra gli imputati, uno di loro ha scelto di essere processato con il rito abbreviato, gli altri tre hanno optato per la via del patteggiamento. In questo scenario processuale complessivo, la pena più severa è stata inflitta con il rito abbreviato al giovane che avrebbe vestito i panni del rapinatore, ossia il ventiseienne Alex Francesco Favata – assistito dall’avvocatessa Daniela Salamone – condannato a sei anni e mezzo di reclusione, a fronte dei cinque anni e sei mesi proposti dall’accusa. Il ragazzo, che peraltro è stato il solo nel marzo scorso a finire in carcere, era e rimane agli arresti domiciliari che, successivamente, la difesa ha ottenuto. Passando per il patteggiamento, invece, madre e figlie – assistite dall’avvocato Giuseppe Zucchetto – sono state condannate a pene differenti. La quarantatreenne Rosalia Licata e la ventenne Angela Munì hanno raggiunto l’intesa con la procura per la pena a due anni e mezzo ciascuno. Mentre la loro, rispettivamente, figlia e sorella la venticinquenne Domenica Munì –  pure lei assistita dall’avvocato Giuseppe Zucchetto – ha patteggiato tre anni di reclusione. Nella loro trappola – è la tesi accusatoria -sarebbe caduto un pensionato ultrasessantacinquenne, pure lui mussomelese. Era il pomeriggio dell’8 gennaio scorso, quando la vittima sarebbe stata attirata con l’inganno in un appartamentino nel cuore del centro storico di Mussomeli. Gli sarebbe stato promesso un incontro con una donna e il pensionato ha presto abboccato all’amo. Ma appena arrivato in quella casa, pochi istanti dopo è piombato dentro un rapinatore a volto coperto e armato di coltello. Proprio sotto la minaccia dell’arma lo avrebbe costretto a consegnare il portafogli con dentro seicento euro. Poi è fuggito. A quel punto il malcapitato si è rivolto ai carabinieri. E gli stessi militari  hanno subito intuito che in quella storia vi fosse qualcosa di strano. Le successive indagini si sono poi catalizzate sul quintetto che a fine marzo scorso è finito al centro delle misure cautelari scattate, di cui una in carcere, due ai domiciliari e altre due donne sottoposte a obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Successivamente tutti hanno poi risarcito con una propria parte il rapinato ed è un aspetto di cui la difesa ha chiesto al giudice di tenere conto.

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