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Polizzello a metà Novecento (a cura di Don Salvatore Falzone)

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Mussomeli – Don Salvatore  Falzone, solerte parroco della Chiesa del Carmelo e attento studioso,  riporta, nel suo scritto, notizie storiche su Polizzello, in particolare sulle vicende del borgo nisseno a metà Novecento, allegando anche dei documenti (che si trovano in fondo) assai interessanti sulla frazione.

Una parola di introduzione

Gli anni in cui l’opuscolo ci introduce costituiscono una pagina di storia dell’ex feudo Polizzello. Si comincia dai primi anni venti del Novecento, quando il locale movimento dei combattenti, tramite l’Opera nazionale, aspira alla assegnazione delle terre del feudo. È pure la fase in cui si sviluppa il ruolo dei famigerati campieri e soprastanti. Per capire le vicende di Polizzello, in primo luogo si deve tener conto del fatto che parte del feudo è dato in affitto dal Principe Lanza di Trabia ai La Lumìa, famiglia notabile di gabelloti. Ora, non ci è chiaro in quali anni tali imprenditori agricoli di Canicattì abbiano lasciato Polizzello, ma considerando che quando nel 1940 si presenta l’occasione di rinnovare la concessione, stavolta è la Pastorizia che stipula il contratto di gabella per centinaia di ettari di terra. Alcuni elementi, quindi, ci portano a pensare che i La Lumìa lascino il feudo nei primi anni quaranta. La Pastorizia non è l’unica cooperativa che opera a Polizzello, però svolge il ruolo più determinante; è formata da elementi che nell’ambito del borgesato rappresentano un ceto agrario un poco più alto. Essi sono in grado di coltivare la terra in modo autonomo e di incrementare l’allevamento di bestiame; inoltre, si contornano di impiegati e campieri che risultano fedeli servitori, sì, ma privi di scrupoli e con atteggiamenti poco civili. Inoltre, si è nella fase in cui gli agricoltori lottano per migliori patti agrari, cioè per addivenire ad equi contratti di mezzadrìa. […] Ci sono state, però, alcune valide figure che hanno lasciato un ricordo. In tal senso
vorrei ricordare: ‘u zu Caluzzu Messina, soprastante, sposato con Rita Castiglione; poi Vincenzino Sorce detto Darò che si occupava di fare il pane; Salvatore Genco Russo, detto ‘u zu Turiddu ‘u Russu, possidente e allevatore; Salvatore Giovino che gestiva l’ufficio
postale e si occupava di un magazzino di cereali (qui egli esercitava il compito di cernituri). Ed ancora: Calogero Messina, detto Caliddu il quale era magazziniere nell’azienda agricola e svolgeva mansioni di conduttore. Ed ancora: il campiere ‘u zu Caluzzu Spachettu, Caluzzu Salatino, ‘u zu Peppi vrachilienti. Come si può notare i soprannomi aiutavano a identificare le persone e davano un certo colore alla vita dei borghigiani, chiamati in dialetto Cinzaluri o Cinzari, derivando il termine da Cinzu che era un altro modo di chiamare la località rurale.
Prof. Angelo Spoto

Polizzello, nel solco della storia

Denominazione – «Polizzello» è stato (ed è) il nome di un insieme di fondi agricoli del territorio di Mussomeli (provincia di Caltanissetta); si tratta di un complesso di produzione cerealicola, indiviso ancora in età moderna e di proprietà dei principi Lanza
Branciforti di Trabia. È stato, insomma, uno dei latifondi a regime agrario più ampi,
presenti in Sicilia. L’area di Polizzello consta di una superficie stimata in 1.986 ettari (in salme 585,84 di terreno in gran parte seminativo) e comprende sia bassa montagna sia zone collinari. A modo di sineddoche, «Polizzello» è divenuto il nome del borgo, sorto nel tardo secondo Ottocento ad opera del principe Pietro Lanza di Scalea (1863-1938) che negli annali locali si è distinto come protettore politico di Mussomeli. Il borgo, posto quasi a metà via fra Mussomeli e Villalba, lungo la strada provinciale n. 16, ha avuto una sede di amministrazione, all’interno della casa padronale.

Sviluppo – In età contemporanea il territorio di Polizzello ha registrato un certo sviluppo economico, attirando da Mussomeli e dai paesi viciniori – area denominata Vallone, a partire dal secondo dopoguerra – allevatori, braccianti, commercianti, artigiani etc. Il movimento dei combattenti, usciti dalla prima guerra mondiale, rivendicava con giusta causa l’assegnazione delle terre; infine, affittuari fissi, mezzadri di vario livello, operai stagionali lavoravano nelle contrade del feudo e alcune centinaia di famiglie ne
traevano sostentamento. Moti sociali – Tra fine anni quaranta e inizi anni cinquanta si è verificata una accelerazione di agitazioni sociali di cui i pròdromi si erano già visti nel corso di drammatici episodi risalenti agli anni venti; in particolare, fra maggio e agosto 1925 si era verificata una serie di omicidi in ambienti legati alla malavita. Nel biennio 1946-47 invece si è destato un composito movimento popolare in cui un ruolo più consapevole e reattivo hanno avuto i socialisti. I moti si sono verificati al fine di rivendicare le terre ed aspirare a migliori patti agrari. La controversa applicazione della riforma agraria aveva comunque un effetto collaterale: la Società di pastorizia, mal gestita nei suoi ultimi anni di attività, si chiudeva nel periodo 1951-52 – anche perché alcuni dei suoi maggiori esponenti o erano invecchiati o erano morti.

Cura pastorale – È nel convulso contesto di crisi civile e politica che la chiesa rurale di Polizzello è stata elevata a parrocchia con decreto vescovile (8 ottobre 1957). L’istituto parrocchiale consentiva al sacerdote di ricevere un emolumento tale che obbligava ad una cura animarum costante. Don Giuseppe Mulè (1920-2008) è stato economo curato di Polizzello (a partire dall’8 ottobre 1957); poi, in data 25 aprile 1959, è stato nominato parroco dal vescovo di Caltanissetta. Il sacerdote si era già distinto in paese come assistente ecclesiastico delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI) e della Pia Unione Braccianti (PUB).

Conclusione aperta – Le vicende che riguardano Polizzello sono ancor oggi dibattute e in via di approfondimento; il caso Polizzello è analogo alle vicende di vari latifondi che si trovano in Sicilia. Per quanto ci è dato di capire, Polizzello (il suo territorio, i movimenti di attivisti, i suoi protagonisti) da un lato è stato come l’alba incompiuta della civiltà contadina, da un altro lato ha segnato il tramonto definitivo della nobiltà terriera. Altresì, è accaduto che profittando della riforma agraria piccoli proprietari ed ex gabelloti si siano trasformati in imprenditori, venendo a consolidare la media proprietà fondiaria.
* * *

 

Nel 1957 l’organo ufficiale della Curia vescovile (il «Monitore Diocesano», novembre
1957) pubblicava il decreto di erezione della parrocchia; al testo in latino seguiva l’indicazione
dei confini.

Nuova Parrocchia S. Pietro Apostolo

1) Dal posto chiamato «Quattro Finaiti» sino al Torrente Bilici, i confini di Provincia (Caltanissetta – Palermo) segnano anche quelli della Parrocchia.
2) Dall’imbocco del torrente Gelso al torrente Bilici, detto torrente Bilici segna i confini sino alla strada vicinale Mandrarossa Scala.
3) Indi, detta strada vicinale Mandrarossa – Scala segna i confini sino alla Trazzera Montedoro – Mussomeli.
4) Da questo punto la Realmutisi – Mussomeli segna i confini sino alla strada Dragamè Èdera.
5) Indi la Strada Dragamè Èdera sino al torrente Fiumicello.
6) Il torrente Fiumicello segna il confine sino alla Trazzera Polizzi [Generosa] – Villalba – Mussomeli.
7) Da questo punto la trazzera Polizzi – Villaba – Mussomeli segna i confini sino a Quattro
Finaiti.
Fa parte della parrocchia tutto il Villaggio di Polizzello.
Caltanissetta 8 ottobre 1957

 

 

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