Campofranco – “Vecchi” e qualche nuovo volto i coinvolti nel blitz antimafia dei carabinieri che ha dato scacco al clan Vaccaro di Campofranco.
Tra i “vecchi” sicuramente il sessantunenne Angelo «fungiddra »Schillaci, ritenuto il capo della famiglia di Cosa nostra a Campofranco. Lui che la libertà l’aveva riconquistata il 24 ottobre del 2022 dopo avere scontato due condanne per mafia – una a dodici anni anche per una tentata estorsione, l’altra a quattro anni e mezzo – e che appena tornato libero si sarebbe subito preoccupato di ricostruire la “famiglia”. Disegno che avrebbe condiviso con colui che è ritenuto da militari e magistrati il suo più stretto fedelissimo, il sessantatreenne Claudio Rino «spatuzza» Di Leo, campofranchese pure lui, che si sarebbe occupato degli affari sporchi legati a pizzo e droga, ma avrebbe pensato anche alla conservazione delle armi. Lui che nel blitz dei carabinieri del gennaio 2019, «Gallodoro», contro il mandamento di Mussomeli, è stato condannato per rapina e spaccio, ma assolto per mafia. Ma adesso gli viene contestato un periodo successivo, dal dicembre di due anni fa a tutt’oggi.
In una sorta di scala gerarchica e di spessore all’interno della stessa presunta organizzazione v’è poi il quarantaquattrenne Calogero Schillaci nipote del boss Angelo, che – tra le righe di una intercettazione raccolta dai carabinieri – sarebbe stato pronto a raccogliere le redini della famiglia in caso di arresto dello zio e di Di Leo.
V’è poi il cinquantaquattrenne di Milena, Gioacchino «Iachino» Cammarata, già condannato per mafia ma prendendo allora in esame un arco temporale che s’è fermato a metà dicembre del 2005. Sarebbe stata la longa mano di Cosa nostra a Milena per la gestione delle estorsioni nello stesso centro milocchese. E, ancora, il settantaduenne campofranchese Calogero Maria Giusto Giuliano che, vicino a Calogero Schillaci, sarebbe stato custode di tutte le vicende che riguardano il gruppo.
Nella retata anche il cinquantaseienne Paolino Giuseppe Santo Schillaci che a Milena si sarebbe occupato delle “messe a posto” , il sessantaseienne di Casteltermini, Vincenzo Spoto chiamato in causa per episodi estorsivi e droga – tutti in carcere – il cinquantunenne campofranchese Gian Luca Lamattina che avrebbe assunto un ruolo marginale in una tentata estorsione e, chiude il quadro, il cinquantunenne campofranchese Fabio Giovenco – entrambi ai domiciliari – tirato in ballo per almeno quattro episodi di spaccio. Un decimo è per ora latitante.
I dieci – assistiti dagli avvocati Danilo Tipo, Antonio Impellizzeri, Michele Russotto, Carmelo Amoroso, Damiano Manta, Sonia Provenzano, Giuseppe Scozzari e Ferdinando Milia – sono accusati , a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, possesso di armi e detenzione e spaccio di droga.
Un decimo indagato, sempre per associazione ed estorsione, è ancora ricercato dai carabinieri.
Nel gran calderone dell’indagine, tre estorsioni e quattro tentativi andati a vuoto ai danni d’imprenditori e commercianti.