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Senza tamponi, al nord un esercito di operatori sanitari del Vallone incolpevoli vettori del virus

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Mussomeli – Il rischio è quello di una strage silenziosa e inavvertita. Solo in Lombardia  sono oltre 500 gli operatori sanitari provenienti dal Vallone. In Italia, soprattutto, al nord c’è un esercito di camici che presta la propria attività negli ospedali di ogni regione italiana. Cosi’ il caso di ieri, un mussomelese proveniente da un ospedale del  settentrione risultato positivo,  non è nè isolato e neppure il primo. Medici, infermieri,  OSS, OSA,  partiti dal centro della Sicilia e che costituiscono importantissime vertebre della colonna vertebrale che regge il sistema sanitario nazionale. Queste persone che lavorano per assicurare e garantire la salute del Belpaese, tutti impegnati direttamente o indirettamente a fronteggiare l’emergenza coronavirus, in assenza di tamponi preventivi, rischiano di diventare incolpevoli vittime e vettori del virus. Dieci giorni addietro un infermiere mussomelese, risultato positivo al covid-19,  è stato male  ed è stato ricoverato in un nosocomio in Lombardia. Sono diverse decine, infatti,  gli uomini e le donne del Vallone  contagiati e che da lavoratori sono  finiti nei letti d’ospedale come pazienti.   Anche se sono gli asintomatici a costituire il rischio maggiore per gli  altri. “Un operatore sanitario – avverte Alfonso Caruso segretario provinciale del Nursind di Brescia – per l’attività che svolge è un veicolo privilegiato per la diffusione del virus, si stima che il rapporto di trasmissione sia di uno a sette, contro uno a due di un paziente positivo che non lavora in ambito sanitario. Per questo chiediamo da tempo l’obbligatorietà del tampone per chi lavora in corsia. E’ una scelta che protegge i cittadini prima ancora degli operatori stessi. “. Anche perchè se è vero che il passaggio alla fase due, ancorché gradualmente, potrebbe avviarsi nelle prossime settimane, questo non significa che, venute meno le misure restrittive, non sussista il rischio di contagio. “Sappiamo poco del virus – spiega un medico che chiede di mantenere l’anonimato – non ci sono evidenze scientifiche sulle recidive. Non sappiamo se chi è guarito possa tornare ad ammalarsi o a contagiare. Mappare tutto il personale sanitario è una scelta che serve ora che siamo nell’emergenza come nel futuro.  E’, infatti,  ignota anche la tempistica della pandemia, prima o poi gli operatori sanitari che lavorano al nord dovranno tornare a casa. Le persone torneranno a viaggiare per cui più dati abbiamo, più potremo contenere il pericolo”.

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