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Ucciso e murato in una villetta, sconto di pena per sospetto componente del commando 

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Riesi – Sconto di pena per un delitto. Lo ha ottenuto nel secondo passaggio in aula perché sono venute meno un’aggravante e un’imputazione satellite.

Condanna un po’ ridotta per il quarantottenne riEsino Salvatore També  – assistito dagli avvocati Mirko La Martina e Simona Giannetti – sceso dai ventiquattro anni rimediati in primo grado ai 22 di adesso.

Pena che gli è stata comminata per la morte dell’albanese Astrit Lamaj , i cui resti, sei anni dopo la sua uccisione, nel gennaio 2019, sono stati trovati murati in una  di una villetta di  Senago, nel Milanese.

L’imputato, com’era stato già stabilito al termine del primo grado del giudizio, è stato pure condannato al pagamento di una provvisionale di 260 mila euro e del risarcimento dei danni in favore della parte civile, ruolo rivestito dal fratello della vittima.

Così ha sentenziato la corte d’Assise d’Appello di Monza che, inoltre ,  ha ritenuto insussistente l’aggravante del numero di partecipanti e il furto dell’auto della vittima che era stato ricondotto allo stesso riesino.

Tambè, infatti, è stato accusato di avere partecipato all’omicidio bloccando la vittima mentre altri la stavano strangolando all’interno di un garage appartenente al figlio di un boss riesino, poi uscito da questa inchiesta.

Ma non è tutto. Secondo la tesi accusatoria, lo stesso Tambè, successivamente, si sarebbe occupato di prendere l’auto della vittima per affidarla a una sfasciacarrozze che l’avrebbe poi distrutta. Ma l’aspetto legato al furto della Volkswagen Golf di Lamaj è una contestazione che adesso, in appello, è caduta. Ed è stata una delle ragioni della riduzione di pena.

Quanto all’omicidio, lo stesso Tambè avrebbe prodotto un alibi che, però, non sarebbe stato ritenuto valido. Sì, perché ha sostenuto che nell’orario in cui si è consumato l’omicidio ì, lui si sarebbe trovato in un ufficio postale per ritirare una raccomandata e per pagare un bollettino. Ma gli orari sulle ricevute prodotte dall’imputato, per l’accusa, non coinciderebbero con l’orario dell’agguato.

A commissionare l’uccisione dell’albanese sarebbe stata una donna riesina, divenuta poi nota in Liguria per televendite su una rete privata, che non gli avrebbe perdonato la fine della loro relazione sentimentale e, soprattutto, a lui avrebbe imputato un grosso furto di gioielli subito in casa.

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