Smartwatch uguale a smartphone in tema di tradimenti. Lo stabilisce una sentenza del Tribunale di Benevento, diffusa dallo studio Cataldi, che nega la violazione della privacy invocata dal fedifrago.
Un’estate molto calda
Il contesto è quello di un’estate bollente. Accaldato, l’uomo decide di togliersi lo smartwatch che lascia sul comodino. L’apparecchio è però collegato allo smartphone e, attraverso la connessione parallela tra i due device, la moglie scopre il tradimento svelato dai ‘classici’ messaggi con l’amante.
Mentre spolvera il comodino, la donna vede lampeggiare l’orologio per l’arrivo delle notifiche. Legge i testi dal contenuto inequivocabile e li fotografa con il suo cellulare. Scopre anche che il marito ha affittato una garçonniere per incontrarsi con l’amante e avvia la separazione.
La foto del messaggio vale come quella delle effusioni
Il Tribunale di Benevento, prima sezione civile, con una sentenza pronunciata nei giorni scorsi addebita all’uomo le ragioni della separazione, rigettando il suo disconoscimento delle foto dei messaggi e l’invocazione della violazione della privacy.
Secondo il giudice, il disconoscimento deve essere tempestivo, chiaro, circostanziato ed esplicito, oltre che supportato da elementi che dimostrino che la realtà riprodotta non corrisponde a quella dei fatti. Per quanto riguarda la privacy, per il tribunale non c’è nessuna in quanto l’elemento caratterizzante di una immagine è il suo oggetto. Non c’è nessuna differenza tra la foto di una schermata e quella che ritrae persone in atteggiamenti affettuosi.